Synth Arranger Workstation: quale scegliere?
Praticamente tutta la musica contemporanea è infarcita di suoni che non sono prodotti da strumenti acustici ma il suono è completamente sintetico, ovvero composto da onde elettriche modificate da una macchina. Cerchiamo di capire meglio come orientarsi nella scelta di uno strumento digitale e quali sono le differenze tra synth, arranger e workstation.
Cos’è un synth o sintetizzatore. Storia e tecnica.
Dopo una serie di tentativi più o meno riusciti negli anni precedenti, è Robert Moog negli anni cinquanta a ideare un nuovo modo di produrre suoni attraverso l’utilizzo di un segnale elettrico ideando il primo vero sintetizzatore musicale. Moog costruì una macchina che poteva scomporre il suono nelle sue proprietà fondamentali e controllarne ogni aspetto costruendo il suono da zero. Nel 1969 Peter Zinovieff produsse il VCS3 (acronimo di Voltage Controlled for Studio with 3 Oscillators Synthesizer ossia Sintetizzatore Controllato a Tensione, per Studio, con 3 Oscillatori) , quello che può essere considerato il primo sintetizzatore portatile (i primi Moog erano pensati per la musica in studio). Il VCS3 fu utilizzato soprattutto nell’ambito della musica progressive e i primi sperimentatori furono The Who, Kraftwerk, Pink Floyd e Van der Graaf Generator e in Italia Area, Franco Battiato e Piero Umiliani.
A livello fisico il suono è generato da una vibrazione che crea cambiamenti nella pressione dell’aria, che fa vibrare il nostro timpano e che il nostro cervello percepisce come suono. Un sintetizzatore fondamentalmente imita questo naturale processo acustico. Quindi al posto della vibrazione di una corda di chitarra o di pianoforte, la vibrazione che nei Synth si chiama oscillazione, proviene da un segnale elettrico generato da una rapida variazione delle tensioni elettriche in un circuito. Queste oscillazioni periodiche sono prodotte con degli schemi: le forme d’onda, ogni tipo di forma d’onda, la sua lunghezza, la sua velocità, e la sua struttura può essere ulteriormente modificata dai controlli di un synth per generare il tono, il timbro e tutte le altre caratteristiche peculiari di un suono. Alla fine del processo, il segnale elettrico viene amplificato e inviato attraverso un altoparlante per riconvertirlo in modo che l’orecchio umano lo percepisca.
I primi synth (o synthesizer o synthesiser) non erano paragonabili agli strumenti tradizionali, l’emulazione realistica degli strumenti tradizionali era di bassissimo livello, tuttavia i sintetizzatori hanno introdotto suoni nuovi che non esistono in natura che hanno cambiato decisamente il panorama della musica moderna.
Come funziona un sintetizzatore
Tutti i sintetizzatori musicali hanno alcuni componenti di base che lavorano insieme per creare un suono: un oscillatore che ne genera la forma d’onda e cambia il suo tono, un filtro che ne modifica le frequenze d’onda per variarne il timbro, un amplificatore che controlla il volume del segnale e la modulazione che ne determina gli effetti. L’oscillatore è la fonte iniziale del suono, la tensione proveniente da una fonte di alimentazione oscilla elettroni che generano una forma d’onda, i sintetizzatori permettono di scegliere tra diversi tipi di onde che permettono di generare suoni di tipo diverso.
La sezione dell’oscillatore del synth controlla anche la frequenza del tono. La frequenza è la velocità della vibrazione; più veloce è la frequenza, più alto è il tono. Un synth può essere composto da un unico componente o da diversi moduli. Un sintetizzatore modulare usufruisce di moduli fisicamente separati dal synth assemblato dal produttore ma ad esso collegati. Questi moduli una volta messi in comunicazione con il synth o la tastiera muta, sono in grado di modificare la forma d’onda del suono in quel momento prodotto dal synth stesso.
Il filtro del sintetizzatore
Uno strumento a fiato, un pianoforte, una chitarra, suonano in modo molto diverso anche se suonati allo stesso tono, questa differenza è definita timbro del suono.
Un’onda sinusoidale è solo una singola frequenza, ma tutti gli altri suoni sono costituiti da diverse frequenze che si combinano per formare il tono dominante che si sente. È per questo che un accordo di do sulla chitarra suona come un do anche se vengono suonati anche il mi e sol, è il concetto di armonica, che viene percepita come un insieme di toni diversi, ma come un timbro unico. I filtri di un sintetizzatore modificano il timbro bloccando alcune precise frequenze nella forma d’onda e lasciandone passare delle altre, agendo sul comando del filtro dunque si ottiene un suono unico ben determinato.
Amplificatore e generatore di inviluppo
Oltre la velocità, un synth può anche determinare le dimensioni del segnale, l’amplificatore controlla il volume aumentando il segnale, ma ha anche la possibilità di intervenire sull’ampiezza del segnale nel tempo: la velocità con cui raggiunge il picco di segnale e per quanto a lungo lo mantiene, determinando la differenza tra un suono “staccato” come un tasto di pianoforte premuto per breve tempo e una nota di violino tenuta per diversi quarti,
questa funzione nei synth è regolata dal “generatore di inviluppo“. Il più comune è chiamato ADSR, Attacco (l’inizio del suono), Decadimento (quando inizia a sfumare), Sostegno (per quanto tempo dura il suono), e Rilascio (quando finisce). La regolazione di questo contorno può cambiare in modo significativo il suono emesso.
Modulazione
Nei synth sono presenti molti altri modulatori che sono in grado di intervenire modificando le proprietà del suono. L’oscillatore a bassa frequenza o LFO, produce un segnale a bassa frequenza che ha la funzione di modulare altre parti del suono per ottenere effetti come il wah wah. Se applicato all’oscillatore, sposta il tono sonoro per ottenere un effetto di vibrato, applicato all’ampiezza, crea il tremolo, applicandolo al filtro amplifica i bassi del timbro.
Il modulatore circolare è un altro effetto che agisce combinando due ingressi di segnale per ottenere frequenze del tutto diverse.
I sintetizzatori di questo tipo utilizzano una sintesi sottrattiva, partono cioè da una forma d’onda ricca e ne filtrano determinate frequenze per ottenere il suono.
I synth di generazione successiva, iniziano a utilizzano invece modalità di sintesi di tipo additivo, aggiungendo o moltiplicando le onde sonore, in questo modo i suoni ottenibili sono praticamente infiniti rispetto ai synth di prima generazione. Questo tipo di sintetizzatori consente una simulazione degli strumenti acustici tradizionali di qualità molto maggiore introducendo anche la simulazione dei suoni percussivi come batteria, xilofoni e campane.
Evoluzione del Synth
I Synth quindi da strumento innovativo, foriero di suoni nuovi, mai uditi prima e non presenti in natura, assume il nuovo ruolo di simulatore di strumenti acustici fino ad arrivare ai giorni nostri a sostituirli.
La diffusione dei sintetizzatori avviene negli anni ’70, quando la tecnologia è arrivata al punto da permettere la produzione di sintetizzatori portatili come il Minimoog. Mentre i primi modelli erano monofonici cioè consentivano di suonare una sola nota per volta, con i modelli successivi venne introdotto il sintetizzatore analogico polifonico che permetteva di suonare più note contemporaneamente. Questi nuovi fantasiosi sintetizzatori erano cablati internamente, eliminando l’utilizzo dei cavi per modificare il suono, questa miniaturizzazione permise di poter facilmente utilizzare un synth dal vivo o di trasportarli da casa allo studio di registrazione.
La nascita dei synth digitali
Alla fine degli anni ’70, arrivarono sintetizzatori digitali che rivoluzionarono completamente il panorama musicale. Sostituire i circuiti con algoritmi informatici permette infatti di programmare forme d’onda connesse tra loro in qualsiasi modalità per rigenerare praticamente qualsiasi tipo di suono. La fedeltà con cui riescono ad emulare gli strumenti tradizionali permette a chiunque di passare da un pianoforte a un basso senza in realtà essere in grado di suonare lo strumento tradizionale, se questa sia una buona o una cattiva cosa sta a voi stabilirlo.
A partire dagli anni ottanta quindi moltissimi musicisti utilizzavano i suoni preimpostati presenti nei synth in commercio, ne risulta che esistono suoni tipici degli anni 80 dato che tranne qualche genio, come Brian Eno, nessuno si prendeva la briga di costruirsi i suoni da solo. I suoni del primo synth digitale di successo, lo Yamaha DX7 è riconoscibile in centinaia di brani del periodo. Ciò che il DX7 è stato per gli anni 80 il Korg M1 è stato per gli anni 90
Il ritorno dell’analogico
I sintetizzatori analogici sono tornati in voga: grandi marchi come Moog, Roland e Korg stanno riproponendo i suoni imperfetti dei vecchi synth analog. Ma in realtà oggi sono sintetizzatori digitali di “modellazione analogica” quasi per assurdo simulano le imperfezioni dei suoni realmente analogici.
Anche i synth modulari sono in una fase di rilancio incredibile. I musicisti che utilizzano il synth modulare lo preferiscono perché induce a costruire suono e non fare affidamento sui preset, aprendo la possibilità di scoperte sonore fortuite. Spostare un cavo o aggiungere un nuovo modulo crea combinazioni praticamente infinite.
Differenze Synth analogico e synth digitale. Quale scegliere
La differenza tra un synth digitale e un synth analogico sta come facile intuire nel generatore delle forma d’onda. Nel sintetizzatore digitale il suono viene generato sfruttando il codice binario e assegnando ai parametri delle forme d’onda un valore ben preciso, nei sintetizzatori analogici i parametri delle forme d’onda sono stabiliti attraverso l’utilizzo di potenziometri analogici.
I synth digitali sono in grado di riprodurre i suoni di tutti gli strumenti tradizionali in modo del tutto fedele, mentre i synth analogici ci si possono in alcuni casi avvicinare ma hanno come punto di forza i suoni originali e la modulazione del suono. Vi invitiamo a leggere la nostra guida all’acquisto dei migliori synth digitali e quella sui migliori synth analogici.
Quale sintetizzatore scegliere, synth analogico o digitale?
La risposta potrebbe apparire semplice se prendiamo in considerazione i synth puramente analogici e quelli puramente digitali. Gli analogici hanno una gamma di suoni molto più limitata dei digitali ma permettono la modulazione del suono in diretta durante la performance, mentre i digitali sono in grado di riprodurre tutti i suoni degli strumenti tradizionali ma sono sicuramente più limitati nella modulazione del suono in diretta. Tuttavia il ritorno in auge dei synth analogici ha fatto sì che si siano venuti a creare dei sintetizzatori ibridi, che possono essere virtuali con suoni digitali modificabili allo stesso modo degli analogici tramite potenziometri, o veri e propri synth ibridi che incorporano sia generatori sonori digitali che analogici. Ce n’è dunque per tutti i gusti, i puristi di un certo tipo di suono si orienteranno sui migliori synth analogici Moog, Korg o Roland ma ci sono anche synth analogici economici per chi non vuole fare grandi investimenti; coloro che intendono oltre che a utilizzare il synth per le performance, farne anche un uso per la produzione musicale, si orienteranno sui synth digitali. Per chi non ha problemi di “filosofia musicale” sicuramente gli ibridi rappresentano una buona soluzione.
Che cosa è una Workstation
Una workstation è un synth che in aggiunta, oltre a permettere di utilizzare i numerosissimi suoni in modalità normale o duo (uno strumento nella parte sinistra della tastiera e uno nella parte destra), dà la possibilità, autonomamente o attraverso software, per computer via porta usb e/o midi, di generare tutte le partiture desiderate di un brano musicale. Sarà quindi possibile editare le tracce di un brano in modo professionale utilizzando un’amplissima gamma di suoni, editando ogni singola partitura, dalla batteria, alle percussioni, dai fiati agli archi a qualsiasi strumento si desideri inserire nel brano, compresi i suoni classici dei synth analogici, e numerosi effetti sonori e rumori. Se teniamo conto inoltre che ognuno di questi suoni può essere modificato in tutte le sue caratteristiche, possiamo senz’altro concludere che una workstation è lo strumento principe per i musicisti che intendono comporre brani da zero, per gli studi di registrazione, ma anche per chi utilizza la musica per colonne sonore di qualsiasi tipo.
Che cos’è un Arranger
Un arranger, ce ne sono di prezzi diversissimi in base al numero di suoni e basi presenti, è più indicato invece per chi suona dal vivo e ha bisogno di basi (ritmiche e accompagnamento) automatiche e semplici e veloci da creare. Ciò non significa necessariamente che non si possa intervenire ma possiamo dire sicuramente che sono più orientate verso chi ha bisogno di accompagnamenti anche nel caso non si sia conoscitori del genere che si intende affrontare nella performance. Semplificando al massimo, un arranger permette di suonare con il suono solista su di una base “preconfezionata”. Solitamente presenta meno suoni rispetto ai synth e alle workstation, ma è decisamente più ricco di accompagnamenti e basi.
Gli arranger, al variare degli accordi suonati con la mano sinistra, riproducono in base allo stile scelto una base completa la cui complessità e selezionabile, passando da un accompagnamento base, ad esempio batteria, basso e chitarra, a basi molto più complesse con molti più strumenti.
Sono quindi molto usati da musicisti solisti o da “one-man band”. Alcuni arranger sono anche in grado di modificare la voce del cantante con effetti integrati e di produrre un file MIDI e/o audio della performance eseguita.
Curiosità dal mondo dei synth
In questa puntata di “Riverside” del 1982, celebre programma della BBC, Mike Andrews in perfetta tenuta “Kraftwerk” ospita Thomas Dolby, uno dei massimi esponenti della New Wave inglese, che presenta praticamente tutta la gamma si sintetizzatori utilizzabili all’epoca; si comincia da un Moog Modulare per passare ai Sequencers, alle prime Drum Machine, i primi Drum Kit (batterie con pad elettronici), al Moog monofonico, un vocoder, ovvero lo strumento in grado di sintetizzare la voce trasformandola in suono adattabile alle note, fino ad arrivare alla mitica Casio vl-1, minisynth a bassissimo costo, utilizzata dai Trio al tempo e più recentemente in modo del tutto originale da Enrico Fontanelli degli Offlaga Disco Pax.